Quaranta anni
di ricerche
a fianco
di Rita Levi-Montalcini

di Luigi Aloe
Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia del CNR

Uno dei collaboratori storici del premio Nobel racconta la sua lunga esperienza scientifica e umana con la grande neurobiologa, che dopo il rientro in Italia dagli Stati Uniti trovò nel CNR il sostegno e l’ambiente ideale per condurre i suoi studi

L’articolo di Luigi Aloe trae origine dall’intervento tenuto lo scorso 23 aprile a Roma presso l’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia (IBCN) del CNR, in un convegno scientifico organizzato dallo stesso Luigi Aloe per ricordare la figura e le scoperte di Rita Levi-Montalcini, a pochi mesi dalla sua scomparsa, avvenuta il 30 dicembre 2012, e in occasione dei 104 anni dalla sua nascita.
Al convegno sono stati presentati i risultati raggiunti sia nella ricerca di base sia nella ricerca preclinica e clinica della molecola scoperta dal premio Nobel (il Nerve Growth Factor o Fattore di Crescita Nervoso) e i risultati più recenti relativi ad alcune malattie oculari, come le ulcere della cornea, il glaucoma e la maculopatia. Erano presenti oltre ai relatori, una sessantina di ricercatori e dottorandi dell’IBCN e di altri istituti scientifici. 

Locandina del convegno

Rita Levi-Montalcini, nata il 22 aprile 1909 a Torino e laureatasi in Medicina e Chirurgia nella sua città nel 1936, si trasferì negli Stati Uniti presso la Washington University di St. Louis, dopo una breve esperienza come assistente presso la clinica neuropsichiatrica dell’Università di Torino. Nei primi anni Cinquanta scoprì e poi caratterizzò la molecola NGF (Nerve Growth Factor, Fattore di Crescita Nervoso), che le valse il conferimento del premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 1986. Nel 1969 creò e diresse l’Istituto di Biologia Cellulare del Consiglio Nazionale delle Ricerche, poi quello di Neurobiologia e Medicina Molecolare, poi riuniti nell’attuale Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia (IBCN) del CNR.
Il Fattore di Crescita Nervoso fu originariamente scoperto per le sue proprietà di promuovere la crescita e la differenziazione di specifiche popolazioni di cellule neuronali; ricerche successive hanno dimostrato che la molecola svolge un’azione su molte altre cellule e funzioni fisiopatologiche umane.

Ho scelto di organizzare un convegno su Rita Levi-Montalcini all’IBCN del CNR, perché l’Istituto fu fondato da Rita Levi-Montalcini e perché quasi tutte le sue ricerche, da quando rientrò dagli Stati Uniti nel 1960, sono state programmate e condotte al CNR o con il supporto del CNR, anche quando la studiosa era ospite dell’Istituto Superiore di Sanità.
Ho incontrato Rita Levi-Montalcini la prima volta nel maggio 1967 a Roma nell’Istituto Superiore di Sanità. L’ultima volta a casa sua, due o tre settimane prima della sua scomparsa (30 dicembre 2012). Nel 1967 io ero un tecnico di stabulario all’Università di Perugia. Ricordo quello che mi disse in quel primo incontro: «Ho bisogno di una persona capace di allevare scarafaggi; so dal professor Giuseppe Colombo, docente all’Università di Perugia, che lei è bravo a mantenere la colonia di cavallette; sarà certamente capace di allevare anche scarafaggi». Poi aggiunse: «Le offro 350 dollari al mese per venire a lavorare con me sei mesi a St. Louis».  Accettai l’offerta il giorno dopo, più per il desiderio di andare negli Stati Uniti che per la consapevolezza di andare a lavorare con una grande scienziata, già allora molto famosa, e non solo per aver scoperto la molecola NGF.
Devo dire che in quel momento non potevo certo immaginare che i sei mesi sarebbero diventati più di quarant’anni, e che gli studi sull’NGF avrebbero occupato gran parte della mia vita. Ancora meno potevo pensare che un giorno sarei stato presente quando Rita Levi-Montalcini fu nominata membro dell’Accademia delle Scienze Americane, eletta prima donna a far parte dell’Accademia Pontificia delle Scienze, nominata membro della Royal Society di Londra, e di essere presente al momento della cerimonia del premio Nobel a Stoccolma.

Rita Levi-Montalcini era sempre in attesa dell’ultimo dato sperimentale. Esigente e severa nella ricerca ma anche comprensiva e a volte generosa nei rapporti umani, rigorosa quasi sempre, difficile dire se troppo o troppo poco. Selezionava e decideva le persone che potevano seguirla specialmente quando programmava gli esperimenti. Con lei si andava avanti o si restava indietro.

Negli Stati Uniti e non solo, i giorni lavorativi della settimana erano sette. Natale, Pasqua e Capodanno non erano considerati giorni festivi. Quando lei era lontana, scriveva quasi tutti i giorni per suggerire o conoscere gli ultimi risultati. Conservo ancora gran parte di questa corrispondenza. Allora rappresentavano per me dei piccoli traumi, rileggerli a distanza di tanto tempo rappresentano ricordi da conservare gelosamente.
Capitava spesso di ricevere anche telefonate da Oltreoceano, fortuna che  allora i telefonini non esistevano. Comunque, anche per telefono aveva sempre un esperimento pronto da suggerirti. è stata per me un’esperienza dura, ma anche straordinaria, perché mi fece crescere scientificamente e mi diede l’occasione della vita, quell’occasione che io non avevo sperato la prima volta che la incontrai.
Ricordo la mia prima pubblicazione su una nota rivista scientifica americana sul sistema nervoso degli scarafaggi, pubblicata nel 1972 e la dedica dal co-autore Rita Levi-Montalcini: «A Luigi Aloe, il primo scienziato di Amantea».

Dopo questa prima pubblicazione ne seguirono altre, sul sistema nervoso degli insetti e dal 1974 sulla molecola NGF. Con il 1974, cominciarono per me gli anni straordinari dal punto di vista scientifico. Arrivò la possibilità di partecipare in prima persona a studi, non solo sul sistema nervoso, ma anche su cellule del sistema immunitario, su cellule cromaffiniche, e una nuova linea di ricerca su NGF e stress con Enrico Alleva dell’Istituto Superiore di Sanità, che, insieme ad altre osservazioni, ampliarono le conoscenze sullo spettro di azione dell’NGF. Negli anni successivi con Alessandro Lambiase del Campus Biomedico di Roma cominciammo a studiare il potenziale ruolo terapeutico della molecola nel sistema visivo, in particolare cornea e retina. Con tali risultati, la professoressa Levi-Montalcini si convinse di utilizzare la molecola NGF per la sua maculopatia, con ottimi risultati.

Come in ogni famiglia che si rispetti e come in ogni circostanza competitiva, vi sono stati anche momenti di grande discussione e incomprensioni: alcuni sopportabili e digeribili, altri un po’ meno. Credo comunque di aver fatto tutto quello che era utile, specialmente quando mi sembrava che le me idee fossero minacciate da interessi di parte.

Il 7 marzo scorso l’Accademia Nazionale dei Lincei ha organizzato un «Incontro in ricordo di Rita Levi‐Montalcini». Molti hanno raccontato la propria esperienza, il carisma, i pregi della professoressa, qualità che lei indubbiamente aveva. E tutti si sono sforzati di dimostrare che avevano frequentato la professoressa per molto tempo, e che aveva sempre idee originali e sempre condivisibili; è vero, lei aveva idee originali e risorse imprevedibili, ma era anche una persona come tutti noi e come molti di noi ogni tanto le sue idee non erano del tutto condivisibili. Io stesso in molte occasioni ho provato anche a contraddirla: alcune volte ho vinto, altre volte ho perso. Ho sempre ritenuto utile lo scambio di opinioni, anche con una personalità scientifica del suo livello, pur avendo la piena consapevolezza che potevo essere allontanato in ogni momento. Comunque, ciò non è mai successo e posso anche dire che le divergenze di opinioni non mi hanno impedito di fare al meglio il mio lavoro, come dimostra il fatto che circa il 60% dei lavori pubblicati da Rita Levi-Montalcini porta anche la mia firma. Da collaboratore ho avuto anche la possibilità di seguire più di 50 giovani tra laureandi, dottorandi, borsisti, la fortuna di collaborare con grandi ricercatori italiani e stranieri e di organizzare nel 2002 l’unico convegno internazionale sulla ricerca di base e sulla ricerca clinica dell’NGF.
Infine, ho avuto l’onore di ricevere un straordinario gratificante giudizio sul mio contributo scientifico nel suo libro L’elogio dell’imperfezione: «La straordinaria dedizione di Luigi, le sue capacità tecniche e il suo intuito scientifico, qualità che vengono pittorescamente definite tipiche di chi possiede il pollice verde, furono gli elementi essenziali del successo delle ricerche condotte in questi anni con Luigi Aloe» (R. Levi-Montalcini, Elogio dell’imperfezione, Garzanti, 1987, p. 214).  


Intitolata a Rita Levi-Montalcini un’aula nella Sede Centrale del CNR

Il 22 aprile scorso, il Presidente del CNR Luigi Nicolais ha intitolato a Rita Levi-Montalcini un’aula al primo piano della Sede Centrale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, in occasione dei 104 anni dalla nascita della grande scienziata. 


Il Discorso di Luigi Nicolais, Presidente del CNR


Luigi Nicolais inaugura l'aula dedicata a Rita Levi-Montalcini
«Ognuno di noi conserva un’immagine e un’idea della professoressa Rita Levi-Montalcini, la quale è stata una figura importante e solido riferimento per la comunità scientifica nazionale e internazionale. Nella sua lunga esistenza, fedele al convincimento che “rare sono le persone che usano la mente, poche coloro che usano il cuore, uniche coloro che le usano entrambe”, coniugò la passione per la ricerca scientifica all’impegno civile, alla cura e alla valorizzazione dei giovani e delle donne.
Consapevole che “nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità” e che “bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi”, la professoressa Montalcini fece della libertà la cifra più autentica della sua esistenza. In nome della libertà si fece carico degli appelli a favore delle donne, dei giovani e dei ricercatori, di cui temeva l’assenza di opportunità, la mancata valorizzazione, le emigrazioni e la precarietà. Anche per questo nel 2001 aveva dato vita alla fondazione EBRI – European Brain Research Institute, che ha permesso a ricercatori stranieri di lavorare nel nostro paese e offerto l’opportunità ad alcuni di tornare in Italia per studiare le malattie del cervello e in maniera particolare quelle che comportano neurodegenerazione. Elegante, sobria, rigorosa, attenta ai particolari, dietro un aspetto esile nascondeva una personalità forte, volitiva, come è testimoniato dalla sua ricca biografia.
Amava ripetere “meglio aggiungere vita ai giorni, che giorni alla vita”, insistendo in tal modo sulla pienezza e la qualità della vita. Lavoratrice instancabile, aveva un costante desiderio di scoprire qualcosa di utile, esplorare l’ignoto, far avanzare la conoscenza, lavorare in rete, facendo comunità, entusiasmando, incoraggiando, lottando contro le paure, i pregiudizi, le resistenze. Esponendosi sempre, responsabilmente in prima persona, facendo leva sui suoi successi e sul suo credito di donna e di scienziata. Nella sua intensa vita ha testimoniato con straordinaria lungimiranza e fermezza il valore e l’importanza della ricerca scientifica. Ha sostenuto, formato generazioni di giovani talenti, abbattuto pregiudizi, liberato energie, spianato percorsi, fatto della ricerca un baluardo di democrazia. Ha rappresentato, al di là di ogni retorica, un pezzo di storia: per lo straordinario valore delle sue ricerche, che hanno consentito di acquisire nuove e fondamentali conoscenze, attestato dal premio Nobel, e per la sua testimonianza umana. Di lei resta, oltre allo straordinario contributo scientifico, il costante e nobile impegno in campo sociale e l’impulso etico che ne hanno animato l’intera esistenza.
Costretta dalle leggi razziali a espatriare, la professoressa Levi-Montalcini è tornata a svolgere la sua attività in Italia, dimostrando in tal modo il legame profondissimo che la univa al nostro paese. È per noi motivo di orgoglio ricordare la sua prolungata collaborazione con il CNR: dal Centro di Ricerche di Neurobiologia, al Laboratorio di Biologia Cellulare, fino, appunto, all’Istituto Europeo di Ricerca sul Cervello (EBRI). Ed è per questo, ma non solo, che oggi titoliamo a lei una sala del Consiglio Nazionale delle Ricerche, una sala particolare in cui sono collocate importanti testimonianze e reperti della storia dell’Ente. Questa scelta trova ragione anche nella sua visione della conoscenza e dei suoi rapporti con la società e la storia. Per lei, come per tutti noi, “senza scienza non c’è futuro”».

 

31 maggio 2013

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