Le battaglie politiche
della Signora delle Stelle

di Pietro Greco

A due anni dalla morte, avvenuta il 29 giugno 2013, nel mondo scientifico si avverte più che mai l’assenza di una grande figura come Margherita Hack, specie per le sue idee molto chiare sul finanziamento della ricerca

Il testo qui pubblicato è tratto dal capitolo 18, “Battaglie culturali”, del saggio di Pietro Greco Margherita Hack, Roma, L’asino d’oro, 2013 (220 pp., 14 euro).

Ammiratore e amico di Margherita Hack, Pietro Greco, giornalista scientifico e studioso di comunicazione della scienza, racconta la vita di questa grande donna, presentando in un intreccio inestricabile il percorso della scienziata e quello dell’astronomia.

È a partire dal 2005 che Margherita diventa, definitivamente e sistematicamente, una donna dedita anche alla politica. Quella dei partiti e delle elezioni, per intenderci. Certo, lo fa a modo suo. Con il solito spirito critico, con il solito disincanto, con il solito distacco dalle forme del potere. Intanto si iscrive all’Associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica. In quel medesimo anno si candida alle elezioni regionali in Lombardia. Si presenta con il Partito dei comunisti italiani.

L’Associazione Luca Coscioni è vicina ai radicali. E Margherita non ha mancato negli anni di sostenere le battaglie liberali di Pannella e dei suoi. È stata anche iscritta al Partito radicale. Mentre il Partito dei comunisti italiani è, come dice il nome, un partito comunista. Tra le due militanze, l’una liberale l’altra comunista, la contraddizione è solo apparente. Lei è effettivamente una comunista liberale. Anzi, comunista libertaria. Attenta ai diritti civili, da qui la sintonia con alcuni temi proposti dai radicali, ma anche all’uguaglianza sociale, un tema che appartiene alla cultura comunista. La storia del comunismo reale ha creato un’artificiosa cesura tra libertà individuale e uguaglianza sociale. Ma, sostiene Margherita, tra queste due dimensioni non solo non c’è contrapposizione, ma c’è una forte interdipendenza. L’una non può reggere, non in maniera sostanziale almeno, senza la presenza dell’altra. Entrambe indicano un progetto politico per realizzare un futuro desiderabile. Un mondo migliore.

Il suo rapporto con la politica l’astrofisica Margherita Hack lo ha chiaro. Gli scienziati fanno parte della società. Ed è loro compito partecipare alla vita pubblica. Tanto più oggi che la scienza informa di sé la vita individuale e collettiva degli uomini. Smettere di vivere in una torre d’avorio e partecipare alla vita pubblica fa parte delle nuove responsabilità sociali degli scienziati. E lei è la prova evidente che quella degli scienziati intenti a camminare sulle nuvole e indifferenti verso i problemi quotidiani della gente comune è, appunto, un luogo comune.

Partecipare, sostiene, significa prendere parte. Quindi anche schierarsi. Entrare in polemica. Agli scienziati non tocca un ruolo di arbitri, ma di giocatori che portano elementi di razionalità. Che dirigono le loro azioni non sulla base di pregiudizi ideologici, ma di analisi fondate sui fatti. Gli scienziati non devono aver paura del conflitto. Devono prendervi parte, in maniera schietta. Il conflitto non è un male in sé. Anzi, se ben controllato, è il sale della democrazia. Il motore del progresso. La libertà non significa fare quello che si vuole, in spregio alle regole. Al contrario, la libertà presuppone responsabilità. E la responsabilità presuppone a sua volta razionalità. Agire con consapevolezza. C’è infine, ultimo ma non ultimo, il socialismo: dare a tutti le medesime opportunità di partenza. Poi ciascuno si realizza come crede e sa. Senza questa condizione non c’è vera libertà. Questa è la visione politica di Margherita. Quanto alla politica in sé, sostiene che è sempre stata parte importante della sua vita. La passione risale alla gioventù, all’educazione e all’esempio che le hanno dato i suoi genitori. Con il passare degli anni questo interesse non si è attenuato. Anzi, è aumentato.

È sulla base di questi presupposti, semplici ma profondi, che Margherita prende le difese degli immigrati e si schiera contro il liberismo sfrenato, è a favore della libertà di ricerca e contro le multinazionali che bloccano lo sviluppo del Terzo mondo.

L’esito delle elezioni in Lombardia nel 2005 si risolve, per Margherita, in un notevole successo: viene eletta con oltre 5.600 voti a Milano. Subito dopo si dimette, lasciando il seggio a Bebo Storti. Continua invece con rinnovato impegno la battaglia per la libertà della ricerca scientifica, o meglio, per la possibilità di portarla avanti, la ricerca, in un paese, l’Italia, che ne fa a meno. Quanto può reggere un paese che si considera avanzato, chiede Margherita, se spende in ricerca l’1% del Prodotto interno lordo, vale a dire la metà della media europea e quasi un terzo rispetto a Giappone, Stati Uniti e Germania?

Il guaio è non solo che questa domanda ritorna uguale a se stessa nel corso dei decenni, ma che la gran parte della classe politica non si degna di rispondere. Non la considera né urgente né, in definitiva, pertinente. Con il risultato che da circa trent’anni, dagli anni Ottanta del XX secolo, l’Italia si muove a passo di lumaca, se non del gambero, mentre gli altri corrono. Ed è proprio il disinteresse di una certa classe politica nei confronti della ricerca che fa infuriare Margherita con una veemenza degna di una giovane che vuol contribuire a creare un mondo migliore, scriverà Stefano Borgani, attuale direttore dell’Osservatorio astronomico di Trieste.

La battaglia per una politica della ricerca è dunque considerata da Margherita parte di una battaglia politica più generale. Perché lei è convinta che la scienza sia un elemento di progresso. E, contrariamente a molte persone di sinistra, pensa che nella storia recente, anche grazie al conflitto, ci sia stata un’evoluzione della condizione umana che può essere definita di progresso. Si è allungata la vita, è migliorata la salute, c’è un welfare diffuso, si è estesa la sfera dei diritti civili, politici e sociali. Sono progressi che bisogna riconoscere, per non rinunciarvi.

Investire, dunque, in ricerca. Senza farsi distrarre da falsi problemi, come quelli sollevati da chi sostiene che la ricerca di base è un lusso che l’Italia non può permettersi e che bisogna puntare tutto sulla ricerca applicata e sullo sviluppo tecnologico. No, risponde Margherita. Occorre finanziare tutta la ricerca, quella diretta dalla curiosità e quella finalizzata all’innovazione tecnologica. La competizione tra questi tipi di ricerca è un falso problema. Un modo distorto di vedere le cose che, dice, è frutto della nostra scarsa cultura scientifica. Noi, spiega, sentiamo ancora l’influenza delle idee di Benedetto Croce e Giovanni Gentile, secondo cui la scienza è sapere tecnico, non è ‘vera’ cultura. Come se tra idee e oggetti costruiti grazie alle idee non ci fosse relazione.

Basta guardare, dice Margherita, quello che ha fatto Roberto Stalio, impegnato come lei stessa nella ricerca astronomica di base. Grazie a quelle conoscenze ha messo a punto tecniche che hanno consentito la costruzione di un telescopio spaziale con caratteristiche innovative. E le ricadute di quelle ricerche hanno a loro volta consentito di realizzare non solo micro-satelliti sviluppati da un’industria del bresciano, ma anche sistemi di controllo sulla qualità dei bicchieri di cristallo e persino sulla copertura dei divani utilizzati dalla Zanussi. Oggi il progresso, non solo economico ma anche sociale e culturale, dipende in buona parte dalla scienza. E gli scienziati devono gridarlo. E per essere credibili devono raccontare, far vedere come lavorano

È anche per questo che nel 2006 accetta il nuovo invito dell’Editoriale Scienza e pubblica L’universo di Margherita. Storia e storie di Margherita Hack insieme a Simona Cerrato. Ed è sempre per questo che l’anno precedente, nel 2005, ha scritto con Sandra Cavallini e ha interpretato un testo teatrale, Variazioni sul cielo, tratto dal suo Sette variazioni sul cielo. E così Margherita diventa attrice a 83 anni. Mostrando un talento naturale non banale. È un’esperienza inattesa, ma divertente, che la costringe a un tour – manco a dirlo, con grande successo di pubblico – in tutta Italia. A questo punto non c’è dimensione della comunicazione pubblica della scienza che non abbia esplorato. Segnandola con la sua personalità fuori dal comune. Ed è sempre per tutto questo, oltre che per i suoi contributi strettamente scientifici dati nel campo dell’astrofisica, che nel 2006 il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, le consegna il premio Vittorio De Sica per le scienze. 

29 giugno 2015

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